"Renzismo" genovese.

Cari amici “renziani” genovesi,
permettetemi alcune considerazioni che seppur critiche vogliono essere di stimolo ad intraprendere con più forza ed efficacia la via del “cambiamento” in questo grave momento per il nostro Paese.

Anzitutto, a riguardo dell'incontro tenuto giovedì scorso, riconosciuto l’errore (come ammesso dallo stesso sindaco di Savona) nel convocare i renziani genovesi con esclusioni che hanno solo prodotto un primo passo discutibile, non condivido il fatto che nel fare una lecita proposta di costituzione di una associazione culturale di area renziana si siano condotti i presenti a decidere ed approvarne all’istante sia la costituzione sia i dirigenti della stessa.
Ritengo semmai che ciò sia da farsi ufficialmente in un’assise che contempli quantomeno i Comitati renziani genovesi costituiti in occasione delle scorse primarie, invitando i loro aderenti.
Ritengo poi personalmente che rispetto alla riunione in oggetto che, come ha sintetizzato bene Luca Romeo su fb, doveva rappresentare “un primo step per organizzarci e lavorare meglio nn tanto come renziani che continua a sembrare una brutta malattia, ma come persone che possano incarnare e rappresentare un diverso modo di fare politica che parta dall’esperienza Renzi” ritengo, dicevo, che sia emersa quella fretta, a mio modo fuori luogo, di nominare persone e strutturare un percorso che, ribadisco, va condiviso con più persone, con tutti coloro che iscritti al PD, nn iscritti, di area e nn di area, stanno aspettando di dire la loro e di averne palcoscenico e platea, quello sì, grazie a chi come noi più di altri si è fatto carico da sempre dell’aspetto organizzativo.
Il mio invito è creare quel momento, pubblico, e lì condividere l’idea, il progetto “associazione” ed i suoi dirigenti, semmai. Questo servirebbe anche a rendere incontestabile la relazione di Berruti che più volte ha richiamato all’inclusione.
Queste mie opinioni e inviti non vogliono assolutamente minare il terreno attorno a noi, ai renziani e a chi si aspetta un cambiamento nella politica. Ma anzi vogliono essere prudenti accortezze per poter partire con il piede giusto evitando a noi “renziani” di ghettizzarci o metterci in un angolo, soprattutto in una fase come questa dove ci sono tanti spazi da coprire, dentro il PD ma soprattutto “fuori”!,  che serve solo buona volontà e voglia di mettersi in gioco per andare a presidiarli tali spazi. Dimostrando di sapere che cosa significa oggi coprire gli spazi: non più gestire per gestire, ma gestire per cambiare! Gli spazi non più visti come proprio feudo ma come terreno comune di lavoro!
Ammetto poi con gran sincerità di non avere la vostra lungimirante visione politica e anche per questo mi lascia perplesso l’idea associativa da voi proposta. E vi spiego perché.
Sono ostinatamente convinto che il PD che vogliono molti di noi, dirigenti di partito, possiamo tentare di realizzarlo, certo tra non pochi ostruzionismi, laddove ricopriamo incarichi sia in ambito locale sia provinciale sia regionale.
Voglio dire, se ritengo che gli aspetti che caratterizzano la linea renziana  siano vitali, come credo, per il PD (e per il più ampio centrosinistra “democratico” in cui credo) il mio tentativo sarà quello di sostenere la diffusione di tali aspetti negli ambiti di mia diretta responsabilità.
Nel mio caso, voglio dire, cercherò di riprodurre, per esempio, nella Commissione Turismo del PD Liguria di cui sono responsabile, una esperienza che proponga logiche nuove, più utili, efficaci e funzionali all’azione che va prodotta per l’utilità non del PD e delle sue correnti e/o posizionamenti (linea troppo spesso diffusa ma che non regge proprio più), ma per il bene del nostro Paese e degli italiani. Significa, per esser più chiaro, che se dobbiamo davvero lavorare in maniera utile ed efficace partirò dal fatto che nella composizione del Team Turismo (e anche questo cambio di termine ha fatto storcere il naso a qualcuno: ma Team oggi dà più l’immagine di una squadra al lavoro che non una Commissione dall’idea più fumosa), dicevo, nella composizione del Team terrò conto non delle appartenenze alle diverse aree interne al PD ma principalmente della consapevolezza, delle esperienze anche professionali e dei saperi che dovranno rappresentare i membri di tale Team. E non solo! Sarà coinvolgendo dall’esterno in questi team quelle figure di esperti (nel caso turistico di imprenditori, di professionisti, di turisti/viaggiatori) che potremmo dirci pronti al lavoro di elaborazione e proposta di una linea politica che abbia delle chance, sia in termini di credibilità che di reale sostegno all’ambito o alla materia trattata.
Se vogliamo dimostrare di aver compreso anche le ultime lezioni, che pure Grillo assieme a milioni di elettori hanno voluto darci, questa è la via. Non l’unica, certo.
Altre vie esemplari sono anche, secondo me, quelle che si stanno esplorando con i #caffèdemocratici, nuove e valide forme, nuovi strumenti di comunicazione per aumentare la partecipazione politica.
Anche i nostri molti amministratori pubblici, hanno un ruolo fondamentale. Essi sono l’ultimo anello, ma non il meno importante, anzi tutt’altro, di quella catena che proprio grazie alla trasformazione e all’applicazione di una linea politica in atti amministrativi offre le risposte alle aspettative della società, saldando il legame tra Stato, politica e cittadini.
Infine, a dimostrazione che non sono pregiudizialmente contro le esperienze associazionistiche (da cui peraltro provengo: le care Pro Loco! E l’ANPI!), ricordo come una bellissima esperienza quella fase in cui a Genova un gruppo di trentenni, sia iscritti ai DS sia esterni, costituirono l’associazione genovAEuropa. Personalmente ero orgoglioso di appartenere ad un gruppo di giovani uomini e donne che si riunivano impegnando intere serate per sviluppare idee e progetti da presentare pubblicamente all’Amministrazione comunale per la crescita di Genova in prospettiva internazionale (l’Urban Center, ecc)… Nello stesso periodo nacque qualche altra associazione di trentenni di altri partiti o aree (sia Margherita sia centro liberale). Ma, vedete, allora quei giovani non erano cosi inseriti nelle strutture di partito come siamo oggi noi nel PD. E quello era un buon modo per tentare di farci sentire ed influenzare le azioni e le scelte della politica.
È per questo che dico che oggi le condizioni, in uno scenario certo disperato, sono per noi più favorevoli, come mai prima d’ora, ad una azione di cambiamento promossa e  prodotta  dal PD e non da una associazione, che se non contraria (come specificato dai proponenti) è comunque parallela al PD ed alternativa ad esso nell’attività e nella proposta.
Perciò, restando attivo e disponibile per la causa, consapevole della necessità organizzativa, in una qualche forma, dei sostenitori del cambiamento …dico che oggi tocca a noi condurlo il PD e trasformarlo … così come crediamo vada condotto e trasformato, in tutte le forme ed i modi praticabili per il bene del Paese e per il futuro di tutti quegli individui che oggi hanno la sfortuna di trovarsi in una Italia “povera” ma che ambiscono meritevolmente a vivere dignitosamente, loro e le loro famiglie, da Italiani.

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